Pagine Aperte

Liberarci dai pre-concetti, dalle rigidità, dalle paure

di Nadia Bonaldo, fsp

l fondamento biblico del tema della 52ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali è il versetto dell’evangelo di Giovanni: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Ma cos’è la verità, s’interroga Pilato. Se Gesù, invece di tacere, avesse risposto in maniera precisa non servirebbe più porci ancor oggi la stessa domanda. In altri passi del Vangelo Gesù dirà: «Io sono la Via, la Verità e la Vita» (Gv 14,6) definizione che ci mette ancora più in crisi perché Gesù, oggi, continua a vivere in ogni cristiano, per portare a compimento la sua missione e una persona non si può definire una volta per tutte.

Punto fermo: nessuno possiede la verità perché Gesù è universale, appartiene a tutti i popoli e culture di ogni tempo. Quindi la verità si cerca insieme, si tesse e si fa con l’apporto di tutti. Ogni comunicazione (interpersonale, digitale, ecc.) vive di questo presupposto: apertura e disponibilità totale (di mente di cuore) al pensiero dell’altro, alla sua visione della vita, cercando di comprenderla con animo libero e trasparente.

E veniamo alla seconda condizione: la libertà. Onestamente nessuno di noi può dirsi una persona libera. Mille condizionamenti, soprattutto inconsci, guidano le nostre scelte, sono alla base dei nostri giudizi. La libertà è un punto di arrivo, o meglio un percorso verso di essa. Perché si realizzi una vera comunicazione (sia che io mi esprima sia che io mi ponga in ascolto) è necessario liberarci dai pre-concetti, dalle rigidità, dalla paura di perdere qualcosa acquisito faticosamente e che ci un’apparente sicurezza e stabilità, ma che in realtà sono tutte difese che bloccano un rapporto costruttivo e vitale, qualsiasi comunicazione di pace.

È proprio questa ricerca insieme della verità (ogni persona ne possiede una scintilla), questa continua attenzione alla vita che si manifesta nell’altro, che ci rende persone libere, cioè capaci di intessere comunicazioni vere e autentiche, in sintesi pacifiche, che non significa far finta che tutto vada bene ma credere nel rispetto e nell’intelligenza altrui.

Ma facciamo davvero la verità e siamo realmente liberi, noi operatori della comunicazione sociale? Perché tutti, oggi, con la possibilità di esprimere in mille modi le nostre opinioni attraverso commenti sui blog e su altri social, siamo facitori di comunicazione e non solo fruitori. Quando digitiamo un pensiero o rispondiamo a un post o scriviamo un articolo, ci sentiamo impegnati a ricercare la verità dei fatti, a verificare le notizie, o reagiamo con aggressività, senza riflettere? Siamo interiormente liberi per comprendere e accogliere un pensiero diverso dal nostro o alziamo gli scudi, spesso con arroganza, per difendere le nostre idee?

Mi sembrano interrogativi più che mai necessari. È richiesta una conoscenza deontologica non solo ai giornalisti di professione ma anche a ciascuno di noi perché oggi, più che nei tempi passati, possediamo un forte potere nel costruire una cultura di pace e di nonviolenza. Approfittiamone.

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