Cosa ne è della qualità dei rapporti umani tra i giovani nel tempo delle chat, dei social e dei tweet? Quali sfide lancia il mondo della Rete all’esperienza religiosa testimoniata dalle tradizionali comunità di fede? Come si declina oggi il rapporto tra i giovani e Dio nell’inedita forma di mediazione rappresentata da internet molto più che da quegli educatori e da quei luoghi che sono stati per molto tempo il normale veicolo di trasmissione della fede tra le generazioni? Interrogativi pressanti e di non facile soluzione, attorno ai quali ha riflettuto, abbozzando proposte operative, il recente convegno delle diocesi del Lazio, dal titolo “I giovani e Dio in rete”, che nell’auditorium del Santuario del Divino Amore di Roma, ha visto insieme, cristiani, ebrei e musulmani. Un incontro rivolto a una platea di 600 insegnanti, una categoria spesso impreparata a fronteggiare il vorticoso cambiamento innescato dai nuovi mezzi digitali, e che tuttavia non può ignorare, come ha affermato il presidente della Conferenza Episcopale Regionale, che «la Rete resta comunque una risorsa prima che ancora un problema, ed è responsabilità dei credenti pensare quanto la testimonianza di fede possa passare anche nei social, frequentatissimi dai giovani».
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