In una società friabile – scrive Luigi Berzano – in cui la memoria esiste solo come computer, è più difficile tenere viva la prospettiva storica anche di quei vissuti che affondano le loro radici nella memoria culturale più profonda. L’idea del “potenziamento” della vita umana si spinge fino al punto di voler conquistare con la tecnologia un’immortalità da Homo Deus. Non più Dio che si è fatto uomo, ma l’uomo che ritiene di aver acquisito poteri antropo-poietici sempre più simili a quelli un tempo attribuiti all’onnipotenza divina.
In tale contesto, dire Dio è dire la volontà umana di potenza. Il potere della tecnica di per sé non è un potere alienante, ma è certo che l’Homo-deus è privo di memorie archetipiche. A partire da Bonhoeffer, la teologia della “morte di Dio” ha riproposto, nell’età della secolarizzazione, la morte delle immagini di Dio costruite dalle singole culture per far posto al “Dio del silenzio”, al “Dio-assente”, al “Dio-che-muore” per far nascere un mondo diverso.