Abbiamo bisogno di ripensare la pastorale nel suo complesso, sostiene don Luca Peyron, tenendo presente i nuovi strumenti che dovremmo usare e le nuove posture sociali che ci sono imposte, con uno sguardo trasversale, dalla fondamentale passando per liturgica, sacramentaria, morale sino alla teologia pastorale che è e sarà in affanno.
Sarà un tempo inizialmente apofatico: proviamo a dire quel che forse è bene che non sia, per poter disegnare così un orizzonte credibile. Partendo dal presupposto che la pastorale di domani non possa essere una rivincita sulla pastorale di ieri, usando la pandemia come monito divino che ci aiuta a una qualche conversione.
Dunque una pastorale nel digitale, con il digitale o per il digitale? Vi è circolarità in queste modalità, ma il punto di innesto che si sceglie fa una grande differenza.
√ Pastorale nel digitale significa abitare un ambiente portandovi un annuncio e una postura.
√ Pastorale per il digitale è criticare o sostenere una tecnologia rispetto ai principi della dottrina sociale e della morale – come nel caso delle tecnologie cyborg o di AI.
√ Pastorale con il digitale invece significa usare della tecnologia per assolvere al mandato che ci è dato. Quest’ultimo aspetto è l’urgenza della stagione che viviamo, ma dobbiamo tenere presente nella riflessione la circolarità di cui facevo cenno per non scegliere soluzioni ingenue e controproducenti.
… Lo schermo annulla l’orario e aumenta le pretese. Il digitale chiede di essere performanti, perché è una macchina. Quali risvolti sulla pastorale che dovrebbe puntare ai frutti e non ai risultati?