“C’è una profonda correlazione tra gli ambienti digitali e gli ambienti comunitari materiali off line, in cui possiamo incontrarci, sentirci, toccarci. Off line e on line sono un segmento esistenziale in continuità”. Così si è espresso Massimiliano Padula, presidente del Copercom, rispondendo ad alcune domande di Paola Fosson in merito alle sollecitazioni che scaturiscono dal messaggio di papa Francesco per la 53ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (2 giugno 2019).
“Noi viviamo in un’epoca iperconnessa; con il nostro smartphone, con il nostro dispositivo mobile, noi possiamo connetterci o disconnetterci quasi senza rendercene conto, quindi la nostra esistenza si pone proprio in continuità tra on line e off line. L’on line e l’off line non sono porzioni di esistenze separate, che prevedono comportamenti differenti, ma sono proprio una linea di continuità e quindi il nostro essere umani, il nostro essere sociali, il nostro essere in relazione, deve essere esattamente lo stesso.
È così anche per quanto riguarda il linguaggio.
Il linguaggio è proprio una condizione strutturante del nostro essere sociali; il linguaggio ci esprime, ci struttura da un punto di vista sociale: noi siamo ciò che diciamo! Noi siamo ciò che diciamo nelle relazioni con gli altri, con la nostra famiglia, con i nostri amici, con i nostri colleghi di lavoro… E siamo ciò che diciamo anche on line. L’on line è uno spazio infinito, che risente a volte dell’anonimato, dell’enorme disponibilità delle opportunità di incontro e di confronto, e anche quindi di scontro. Succede che molto spesso il linguaggio on line sia deviante, cioè sia il risultato di un comportamento non adeguato da un punto di vista sociale, da un punto di vista relazionale. Si parla di hate-speech, quindi di linguaggio di odio e di tutte le derive legate al linguaggio, pensiamo allo stalking, pensiamo al cyberbullismo. Papa Francesco nel suo messaggio evidenzia come il cyberbullismo possa essere una insidia importante della rete, ma paradossalmente oltre al cyberbullismo, cita gli “eremiti sociali”, cioè coloro che si isolano, quindi in un certo senso non parlano, l’assenza di linguaggio, l’assenza di incontro, l’assenza di confronto. La rete deve essere percepita come qualcosa di reale, come qualcosa di umano, che comporta quindi anche un linguaggio adeguato, un linguaggio fecondo, un linguaggio in relazione e un linguaggio in comunione”.